Tre inumazioni affiorano a San Giorgio di Mantova. Eccezionale stato di conservazione. Ne parla l’archeologo Simone Sestito, che ha diretto gli scavi sul campo.
Il territorio mantovano presenta, da nord a sud, diverse aree assai ricche dal punto di vista archeologico, che hanno riservato negli anni e svelano tuttora importanti testimonianze del passato, in un arco temporale che va dal neolitico al periodo etrusco e romano fino all’età medievale.
Una nuova recente scoperta ha aggiunto un ulteriore tassello alla conoscenza degli antichi abitanti di questo lembo dell’odierna Lombardia: sono venute alla luce tre tombe dell’Età del Rame, di cui due in eccezionale stato di conservazione. Accanto agli scheletri, sono stati rinvenuti pugnali e punte di frecce. Il contesto presenta anche evidenze di epoca medievale.
Della scoperta ha parlato il dottor Simone Sestito, funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Cremona Mantova e Lodi, che ha diretto e seguito personalmente gli scavi in loco.
La prima domanda è: dove, come e quando?
Ci troviamo nel Comune di San Giorgio – Bigarello, alle porte di Mantova, dove sono in corso i lavori di riqualificazione d’un parco pubblico in Via Tobagi, località Mottella. L’indagine archeologica, svolta in questo mese di novembre 2023, è stata motivata proprio dalle opere pubbliche in una zona già nota per rivestire uno speciale interesse archeologico. È pertanto stata attivata quella che si chiama “assistenza archeologica”: si tratta di un’attività di tutela e prevenzione che rientra nell’ambito dei lavori indetti e interamente finanziati dal Comune.
In base a quali elementi siete arrivati alla datazione delle tombe all’Età del Rame?
Nel corso dei movimenti di terra previsti dal progetto è stato rinvenuto un contesto pluristratificato. Abbiamo una prima fase di frequentazione connotata dalla presenza di tre inumazioni, due delle quali conservate in maniera straordinaria. Si tratta di fosse in nuda terra. Gli arti inferiori dei due scheletri, giunti fino a noi quasi intatti, si presentano flessi: la posizione è sicuramente un elemento che, assieme al corredo, ci permette di collocare temporalmente la tomba all’Età del Rame.
Si tratta di uomini o donne? Quali sono i corredi funebri?
Sembrerebbero due uomini perché il corredo è di armi. In una sepoltura abbiamo trovato un pugnale in selce e una punta di freccia sempre in selce. La seconda presenta un altro pugnale e cinque punte di freccia, anche questi tutti in selce. La terza tomba è peggio conservata e si è salvato poco.
Quale sarà il destino delle tombe?
Dato l’eccezionale stato di conservazione di una tomba in particolare e il suo valore scientifico, la Soprintendenza, in accordo col Comune, ha deciso di prelevarla con il suo “pane di terra”. Pertanto lo scheletro è stato “casserato”, ossia si è realizzata una cassaforma sui quattro lati e si è poi infilata una piastra metallica al di sotto per tagliare il terreno. La cassa così ottenuta è stata portata in un deposito messo a disposizione dal Complesso Museale di Palazzo Ducale di Mantova.
Le prime indagini e le operazioni di consolidamento le realizzeremo a partire dalle prossime settimane e per i prossimi mesi, in collaborazione tra la Soprintendenza, diretta da Gabriele Barucca, e Palazzo Ducale, il cui direttore Stefano L’occaso ha concesso lo spazio per il deposito della tomba. La dottoressa Daniela Castagna ha diretto il cantiere archeologico affidato alla ditta SAP di Quingentole, mentre il dottor Alex Verdi ha operato sul campo sia nel corso dello scavo che del prelievo, sotto la mia direzione scientifica, per la quale mi sono avvalso anche dei preziosi suggerimenti del mio collega, dottor Leonardo Lamanna. Io ho seguito l’intervento in loco in quanto sono il funzionario territorialmente competente per il Comune di San Giorgio – Bigarello.
Il tutto è finalizzato a esporre questa sepoltura, in futuro, nel Museo Archeologico Nazionale di Mantova che da qualche anno è entrato a far parte del Complesso Museale di Palazzo Ducale, afferente al Ministero della Cultura.
Il Museo Archeologico mantovano conserva altri importanti ritrovamenti…
All’Archeologico si sta pensando di effettuare un riallestimento – su progetto della funzionaria archeologa di Palazzo Ducale, dottoressa Mari Hirose – della sezione di preistoria e protostoria. Al momento, non c’è molto di riferibile all’Età del Rame e questa tomba costituirà un arricchimento della collezione museale. Verrà esposta accanto ad altri due famosi ritrovamenti: gli scheletri dei cosiddetti “Amanti di Valdaro” divenuti celebri a livello internazionale per essere stati sepolti abbracciati, che erano stati ritrovati non molto lontano dalla scoperta recente, e gli scheletri di un cacciatore e del suo cane, confidenzialmente battezzati con i nomi di Orione e Sirio.
Quale sarà la sorte delle altre due inumazioni?
Le altre due tombe rinvenute nei giorni scorsi sono state portate alla luce seguendo gli standard degli Uffici centrali a Roma che indicano le metodologie di svolgimento degli scavi, la documentazione e il recupero dei resti scheletrici. Il loro destino sarà di essere conservate nei depositi archeologici della Soprintendenza. Verranno studiate con lo stesso percorso analitico di quella che verrà esposta, ma poi prenderanno strade diverse.
Lei pensa che ci sia una intera necropoli, sotto il giardino pubblico che presto sarà restituito alla sua funzione sociale?
Abbiamo intercettato queste tombe in fase di assistenza archeologica, pertanto la Soprintendenza ha solo accompagnato gli scavi previsti da progetto. Le tre tombe non sono in un gruppo unico, non si trovano a distanza ravvicinata. Tra le due in ottimo stato e quella mal conservata c’è uno spazio di almeno 35 metri, e in questa fascia effettueremo dei sondaggi, prima del termine dei lavori. Abbiamo già preso accordi con il Comune e con il sindaco Beniamino Morselli. Nell’Età del Rame infatti erano in uso due tipologie di sepolture: piccoli nuclei oppure necropoli vere e proprie. Al momento non abbiamo alcuna certezza. Ci muoviamo entro i perimetri del parco e stiamo facendo tutte le verifiche del caso per capire se ci siano altre tombe sotto il livello di calpestio.
A suo parere, si potrebbe valutare l’eventualità di lasciare la zona archeologica a vista, invece di re-interrarla?
Non ci sono murature, pavimentazioni, nulla che potrebbe resistere se esposto all’aria. La soluzione migliore, in questi casi, è proprio di asportare i ritrovamenti, consolidarli, e conservarli nei luoghi deputati, cosa che di fatto permette anche di studiarle, dispiegando tutte le metodiche previste in casi di questo genere. Per la preistoria non disponiamo infatti di fonti scritte e tutto ciò che possiamo apprendere su queste epoche è, in ultima istanza, ciò che possiamo ricavare attraverso l’archeologia e le scienze applicate ad essa.
Parlava di pluristratificazione. Ci spiega meglio?
Sì, il contesto è pluristratificato. Ci sono più fasi cronologiche, oltre a quella del Rame. Un’altra fase, sempre di natura funeraria, è inquadrabile in età tardo antica o altomedievale. La struttura, di laterizi romani di reimpiego, fa supporre che il contesto cronologico sia quello. Qui abbiamo ritrovato solo resti scheletrici che indicano si trattasse di tombe riutilizzate più volte nel corso degli anni, perché ci sono più individui all’interno. La pratica era a volte in uso nell’età altomedievale, in quanto era un modo di rimarcare i legami che intercorrevano tra i defunti, che magari erano parenti. Anche la struttura delle tombe è stata defunzionalizzata e riutilizzata in epoca successiva, perché parte del perimetro risulta mancante.
Sempre di età medievale abbiamo rinvenuto una serie di buche di palo. Sono necessari ulteriori studi ma, trattandosi di pali in materiali deperibili, riteniamo che possa probabilmente trattarsi di elementi di edilizia residenziale o simili. C’è anche una serie di fosse di grandi dimensioni, che potrebbero essere state utilizzate come pozzi o come cave di sabbia. In queste ultime non ci sono elementi datanti. Potrebbe poi trattarsi di un’altra fase, pertinente a una età intermedia tra l’una e l’altra, oppure successiva. Questo punto verrà chiarito in fase di studio.
Ha detto che il vostro intervento è di “assistenza” agli scavi del Comune. Come funzionano i meccanismi di finanziamento delle campagne di scavo?
Si tratta di un’opera pubblica e tutte le spese le sostiene il committente. Anche i sondaggi che abbiamo in animo di fare verranno esauriti nella fase di cantiere del giardino pubblico. In questo luogo è difficile fare ulteriori campagne di scavo perché ci troviamo in un ambito urbano e la visibilità del terreno è molto ridotta. Tutto quello che è stato finora fatto a San Giorgio, e precedentemente a Valdaro, è stato l’esito di opere pubbliche o attività di tutela in senso stretto. Ogni anno chiediamo dei fondi per eseguire scavi o finanziare assistenze archeologiche, però di solito lo facciamo in casi in cui si tratta di lavori privati: dato che il privato non è sempre tenuto ad attivare una assistenza, allora ci muoviamo noi con i nostri fondi. Oppure, più spesso, usiamo questi fondi per finanziare campagne di indagine che sono sempre finalizzate all’imposizione di un vincolo.
Per quanto concerne invece la tecnica del prelievo dell’evidenza archeologica con il suo “pane di terra” è comunque opportuno precisare che si tratta di una prassi che nei cantieri utilizziamo quasi ogni giorno, per noi è un’attività ordinaria: nel caso di Mottella, le dimensioni dell’evidenza da prelevare hanno però richiesto una progettazione ad hoc.
L’auspicio?
L’auspicio è che l’entusiasmo che le persone provano per queste scoperte archeologiche non sia riservato solo a casi eccezionali dal punto di vista mediatico, ma venga tenuto vivo anche nei casi di cantieri apparentemente “più modesti” sotto il profilo dei rinvenimenti, ma sempre fondamentali, in quanto opportunità per una migliore e più precisa conoscenza della storia dei territorio che abitiamo e viviamo.
Intervista di Maria Luisa Abate
Mantova, 25 novembre 2023
Immagini: Copyright Soprintendenza Archeologia,
Belle Arti e Paesaggio di Cremona, Mantova e Lodi
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